Afghanistan Sguardi e Analisi

Afghanistan Sguardi e Analisi

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Afghanistan: Sguardi e analisi" è un progetto aperto finalizzato a comprendere e discutere le ragioni - e le possibili soluzioni - dei conflitti afghani.

venerdì 21 maggio 2010

Papaveri rossi a Bala Murghab



Afghanistan, 17 maggio 2010. A venticinque chilometri da Bala Murghab muoiono, in un’azione di guerriglia, due militari italiani della Brigata Alpina Taurinense. I loro nomi sono Massimiliano Ramadù e Luigi Pascazio, sergente il primo, caporalmaggiore il secondo.
La dinamica dell’incidente è la più semplice e classica: un Ied (improvised explosive device) piazzato lungo la pista che porta alla base avanzata Fob Columbus esplode al passaggio dell’ottavo mezzo di una colonna di centoventi veicoli. Non prima e non dopo, proprio l’ottavo, il quarto dei mezzi italiani. Il perché può essere dovuto a due ragioni principali.
La prima è che il dispositivo, rudimentale, sia stato azionato dalla pressione esercitata del veicolo stesso. Possibile.
La seconda è che l’attivazione sia stata attivata a distanza tramite un semplice telefono cellulare e che il jammer (dispositivo di disturbo delle onde elettromagnetiche) in dotazione al mezzo abbia fatto cilecca. Probabile.
Il risultato è che un veicolo tattico leggero multiruolo Lince è stato completamente sventrato dall’esplosione avvenuta sotto la ruota anteriore portando alla morte dell’autista e del comandante del mezzo, oltre al ferimento dei due militari trasportati. Questo è certo.

Quello che è meno certo, almeno a parere di chi scrive, è chi vi sia dietro all’attentato. Ma un’ipotesi ragionata è necessaria.
Ho trascorso circa due anni della mia vita in Afghanistan, tentando di capire l’universo dei taliban (definizione generica e abusata), o meglio dei gruppi di opposizione che operano in quel magnifico e terribile Paese. Tutto mi dice che i taliban, quelli del mullah Omar, in questo attentato non centrano. Perché? La faccio breve, senza girarci troppo attorno. I taliban, quelli che si battono nel nome dell’Emirato Islamico, hanno la tendenza a rivendicare le proprie azioni, specialmente quando ottengono un successo sul campo che può essere sfruttato mediaticamente attraverso il web. Questa volta non lo hanno fatto.
In più vi è un altro fattore: il luogo, Bala Murghab.
Bala Murghab non è un’area densamente popolata, è lontana dai maggiori centri della regione, ha una posizione remota e questo crea non pochi problemi a chi è chiamato a operarvi. Qui, le più basilari necessità di un’unità militare richiedono sforzi logistici notevoli e, come è stato dimostrato, rischiosi.
Le strade sono tali solo di nome; in realtà si tratta di piste polverose pronte a trasformarsi in trappole di argilla vischiosa alla prima pioggia.
Bala Murghab si trova nella provincia di Badghis, area a predominanza pasthun in una terra di tagiki. È qui che Ismail Khan, padrone incontrastato della provincia di Herat, ha avviato la sua resistenza antisovietica ed è sempre in questo sperduto angolo di Afghanistan che i taliban hanno stazionato all’indomani dell’offensiva su Mazar-i-Sharif nella metà degli anni novanta.
Non è un area ricca, non ha infrastrutture importanti; anzi, a prima vista si direbbe che non ha nulla di nulla. E invece non è così. La ricchezza di Bala Murghab è nelle terre che la circondano: è la linea, seppur indefinita, di confine con il Turkmenistan dove si arriva, a passo d’asino, in poco tempo e dove è possibile trasportare buona parte del papavero da oppio prodotto proprio nei dintorni di Bala Murghab. Papavero da oppio che, per quieto vivere, non viene toccato dalle forze straniere ma che contribuisce, attraverso un redditizio commercio che arricchisce i signori locali legati per ragioni di comuni interessi ai differenti gruppi di opposizione, la risorsa necessaria al reclutamento e mantenimento di braccia e fucili per difendere i campi da eventuali iniziative esterne. E questo crea un circolo virtuoso per cui all’aumentare dei proventi aumenta la possibilità di permettersi milizie private che a loro volta aumentano la cornice di sicurezza attorno al traffico illegale. Illegale ma non illecito da queste parti.
La presenza militare straniera (non necessariamente quella italiana) deve aver dato fastidio a qualcuno. E da lì a piazzare un congegno esplosivo sotto dieci centimetri di terra ci è voluto poco.

2 commenti:

  1. Dott. Bertolotti, intervengo brevemente solo per sottolineare la necessità di approfondimenti come quello riportato. L'articolo è asciutto e diretto, ma sopratttutto costituisce una delle rare voci impegnate ad ipotizzare il motivo dell'attacco in quella zona. I media si limitano a parlare degli italiani uccisi, delle loro famiglie, a rinfocolare le polemiche sul perchè-siamo-ancora-lì o sulla necessità-dell'essere-ancora-lì. Mi pare che nessuno si preoccupi di capire in che direzione sta andando questa guerra.
    Il suo ragionato va oltre, tenta di capire come e perchè . Senza queste analisi nessun intervento, e nessun disimpegno, hanno senso.
    Grazie, Barbara

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