Afghanistan, 10 maggio 2010: i taliban dell’Emirato Islamico hanno annunciato l’avvio dell’offensiva di primavera, la nona primavera afghana del Presidente Karzai e degli alleati occidentali.
Lo hanno fatto attraverso il loro sito web e con l’utilizzo della posta elettronica. La strategia adottata non si discosta di molto da quella utilizzata dagli americani nell’annunciare, una dopo l’altra e attraverso i potenti canali mediatici, le più grandi offensive militari dall’inizio del conflitto.
Si è fatto un gran parlare di “guerra delle percezioni” e, al tempo stesso, di reciproche azioni di propaganda. E di guerra delle percezioni ne ha parlato anche il generale Petraeus la cui dottrina – quella adottata nella guerra irachena e che si vorrebbe in parte applicare anche all’Afghanistan – è contenuta nel manuale di counterinsurgency FM 3-24 che, tra quelli militari, è il più scaricato da internet. In esso sono contenuti quasi “tutti i trucchi” che il comandante delle truppe sul terreno, generale McChrystal, dovrebbe mettere in atto.
I taliban, che della tecnologia informatica sono ormai padroni, l’hanno recepita, al pari di tutti i comandanti della coalizione occidentale, e a essa si sono adeguati nei fatti – colpire il nemico e “conquistare i cuori e le menti” degli afghani – e nel linguaggio – la propaganda.
L’offensiva di primavera è denominata Al-Faath (Vittoria), un termine utilizzato nel Corano per indicare il successo. La leadership del Consiglio dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan lo ha scelto in quanto estremamente significativo per i musulmani.
Sono stati molto precisi i taliban nell’indicare chi rientra nella categoria di nemico e che quindi sarà colpito nel corso di questa offensiva: invasori americani, personale militare della Nato, consiglieri stranieri, spie che si spacciano per diplomatici, membri dell’amministrazione Karzai e del suo governo, del parlamento, dei sedicenti ministeri della difesa, del dipartimento di intelligence, del ministero della giustizia, degli affari interni, contractor delle compagnie di sicurezza straniere e locali, dipendenti e personale delle compagnie che si occupano di logistica e di costruzioni per i militari stranieri e tutti coloro che lavorano per gli occupanti.
Al-Faath è un’operazione di jihad che colpirà su tutto il territorio del Paese, e lo farà alla maniera dei guerriglieri: azioni mordi e fuggi, imboscate, ordigni esplosivi improvvisati (Ied), uccisione di rappresentanti dell’amministrazione civile, sabotaggio delle vie di comunicazione militari, cattura di soldati stranieri e, infine, i tanto temuti attentati suicidi.
L’appello alla popolazione è esplicito e richiama tutti al senso di responsabilità verso la guerra di liberazione condotta dai mujaheddin a favore dell’Afghanistan e contro gli invasori stranieri; non mancano le minacce dirette a chi invece collabora con il nemico, lavorando con i militari o fornendo loro servizi. Insomma, niente di nuovo, ma non per questo meno preoccupante.
Gli americani hanno battezzato la prossima offensiva su Kandahar Omid, ossia «speranza»; i taliban hanno risposto con la loro Al-Faath, «vittoria».
Se è una guerra di percezioni quella che ci aspetta, gli americani stanno già partendo svantaggiati. Ma i fatti dimostrano, come hanno sempre dimostrato, che non di sole percezioni è fatta questa guerra.
«A primavera si apre la partita…» diceva una canzone in un’altra guerra.
Lo hanno fatto attraverso il loro sito web e con l’utilizzo della posta elettronica. La strategia adottata non si discosta di molto da quella utilizzata dagli americani nell’annunciare, una dopo l’altra e attraverso i potenti canali mediatici, le più grandi offensive militari dall’inizio del conflitto.
Si è fatto un gran parlare di “guerra delle percezioni” e, al tempo stesso, di reciproche azioni di propaganda. E di guerra delle percezioni ne ha parlato anche il generale Petraeus la cui dottrina – quella adottata nella guerra irachena e che si vorrebbe in parte applicare anche all’Afghanistan – è contenuta nel manuale di counterinsurgency FM 3-24 che, tra quelli militari, è il più scaricato da internet. In esso sono contenuti quasi “tutti i trucchi” che il comandante delle truppe sul terreno, generale McChrystal, dovrebbe mettere in atto.
I taliban, che della tecnologia informatica sono ormai padroni, l’hanno recepita, al pari di tutti i comandanti della coalizione occidentale, e a essa si sono adeguati nei fatti – colpire il nemico e “conquistare i cuori e le menti” degli afghani – e nel linguaggio – la propaganda.
L’offensiva di primavera è denominata Al-Faath (Vittoria), un termine utilizzato nel Corano per indicare il successo. La leadership del Consiglio dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan lo ha scelto in quanto estremamente significativo per i musulmani.
Sono stati molto precisi i taliban nell’indicare chi rientra nella categoria di nemico e che quindi sarà colpito nel corso di questa offensiva: invasori americani, personale militare della Nato, consiglieri stranieri, spie che si spacciano per diplomatici, membri dell’amministrazione Karzai e del suo governo, del parlamento, dei sedicenti ministeri della difesa, del dipartimento di intelligence, del ministero della giustizia, degli affari interni, contractor delle compagnie di sicurezza straniere e locali, dipendenti e personale delle compagnie che si occupano di logistica e di costruzioni per i militari stranieri e tutti coloro che lavorano per gli occupanti.
Al-Faath è un’operazione di jihad che colpirà su tutto il territorio del Paese, e lo farà alla maniera dei guerriglieri: azioni mordi e fuggi, imboscate, ordigni esplosivi improvvisati (Ied), uccisione di rappresentanti dell’amministrazione civile, sabotaggio delle vie di comunicazione militari, cattura di soldati stranieri e, infine, i tanto temuti attentati suicidi.
L’appello alla popolazione è esplicito e richiama tutti al senso di responsabilità verso la guerra di liberazione condotta dai mujaheddin a favore dell’Afghanistan e contro gli invasori stranieri; non mancano le minacce dirette a chi invece collabora con il nemico, lavorando con i militari o fornendo loro servizi. Insomma, niente di nuovo, ma non per questo meno preoccupante.
Gli americani hanno battezzato la prossima offensiva su Kandahar Omid, ossia «speranza»; i taliban hanno risposto con la loro Al-Faath, «vittoria».
Se è una guerra di percezioni quella che ci aspetta, gli americani stanno già partendo svantaggiati. Ma i fatti dimostrano, come hanno sempre dimostrato, che non di sole percezioni è fatta questa guerra.
«A primavera si apre la partita…» diceva una canzone in un’altra guerra.
STATEMENT OF THE COUNCIL OF THE ISLAMIC EMIRATE OF AFGHANISTAN
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