Afghanistan Sguardi e Analisi

Afghanistan Sguardi e Analisi

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Afghanistan: Sguardi e analisi" è un progetto aperto finalizzato a comprendere e discutere le ragioni - e le possibili soluzioni - dei conflitti afghani.

lunedì 28 febbraio 2011

Caduto sul fronte afghano un altro alpino, un ufficiale. La minaccia degli Improvised Explosive Devices

Un altro soldato italiano della Task Force Center, un alpino del 5° Reggimento di Vipiteno (Sterzing), è morto in Afghanistan: è il tenente Massimo Ranzani. Feriti gli altri quattro a bordo dello stesso veicolo, un Vtlm Lince, il secondo di una colonna di tredici automezzi militari sulla via del rientro al termine di un’operazione. È accaduto oggi nell’ovest dell’Afghanistan, nel distretto di Adar Sang, a venticinque chilometri a nord di Shindand. L'attacco è stato prontamente rivendicato dai mujaheddin taliban attraverso il loro portavoce, Qari Yossuf Ahmadi.
Quotidiana minaccia e puntuale conferma. La tecnica maggiormente insidiosa contro le forze di sicurezza in Afghanistan è proprio quella delle bombe esplosive collocate lungo le principali vie di comunicazione; bombe sempre più potenti, efficaci e di elevato livello tecnologico: l’Ied è l’arma più efficace ed economica utilizzata dai gruppi di opposizione. Il numero di attacchi di questa tipologia ha superato quota 14.000 nel 2010, erano 8.000 nel 2008, poco meno di 2.700 nel 2007: un incremento notevole per quella che è la principale causa di morte tra i militari stranieri.
L’evoluzione della tecnica e la veloce risposta alle contromisure tecnologiche messe in campo dai militari occidentali non riescono a essere contrastate prontamente e in maniera efficace dagli specialisti di minaccia asimmetrica. Gli insorti, studiando le tattiche e le procedure militari delle forze di Isaf/Oef, imparando dai propri errori e scambiando informazioni con i vari gruppi regionali, sono riusciti progressivamente a guadagnare terreno sul campo di battaglia portando a segno un elevato e progressivo numero di attacchi. E nonostante le azioni mirate volte a colpire i vertici di comando, quello dei taliban (e di tutti i movimenti e le fazioni che a essi si richiamano), gli sforzi fatti non riescono a compensare la capacità di adattamento di un’insurrezione che si presenta come un mondo dall’indefinita gerarchia di comando e caratterizzato da ampia autonomia sul terreno; per contro le tecniche e le tattiche vincenti trovano una veloce e impressionante espansione geografica. Questo significa che vi è collegamento costante, nonché un adeguato livello di collaborazione e coordinamento.
Nel 2010 i gruppi di opposizione hanno portato a segno una media di quaranta attacchi al giorno; gli effetti di questa offensiva sono stati disastrosi dal punto di vista della logistica della missione internazionale: movimenti via terra limitati, velocità di movimento ridotta, pericolo per la sicurezza fisica del personale e dei mezzi.
Nell’Afghanistan contemporaneo la violenza avanza su tutti i fronti e lo fa attraverso attacchi diretti, attentati suicidi, imboscate. I gruppi di opposizione sono in grado di colpire sempre e ovunque: giorno dopo giorno il livello di sicurezza diminuisce sempre più.
28 febbraio 2010

lunedì 21 febbraio 2011

Governo ombra e giustizia taliban a Bala Murghab

Shadow government and taliban justice in Bala Murghab

Talibans have been able to create a sort of new administration based on the role of the Taliban Government (shadow government): a strong power characterized by competence, efficiency and good capabilities about military and civilian matters. This represents a clear proof of the Government and Coalition difficulties at the social and political levels. Taliban mobile justice courts are able to move inside and outside the security bubbles established by Isaf/CF, conducting judicial processes and public punishments freely and without interference. Bala Murghab represents our case-study. Bala Murghab town and district, and in general Badghis province, show that Talibans organization at local level is in line with the pragmatism of the movement and there are not applied positive solutions to contrast the deteriorating phenomenon.

di Claudio Bertolotti

Seguendo un copione ormai collaudato, i taliban hanno saputo sviluppare e imporre nei territori sotto il loro controllo un piano per l’amministrazione civile a livello locale, una sorta di governo parallelo e sempre più spesso alternativo a quello centrale. Definito «governo ombra», quello imposto dagli insorti è un potere forte in grado di muoversi con competenza ed efficacia nel campo militare, amministrativo e giudiziario. Il «governatore» taliban è originario di una regione differente da quella in cui svolge il proprio «servizio» – questo al fine di evitare attriti tra le componenti tribali locali – ed è assistito da collaboratori responsabili di ognuna delle incombenze necessarie all’amministrazione locale: sicurezza, riscossione delle tasse e giustizia. Mentre nelle province del nord questo fenomeno è più limitato, in alcuni distretti del sud e, più recentemente, dell’ovest i governi ombra dei taliban sono divenuti particolarmente attivi; sempre più numerose sono le informazioni relative alle «corti mobili» che amministrano la giustizia secondo una restrittiva interpretazione della legge islamica senza che né il governo centrale né le autorità locali possano opporsi.
E potrebbe essere difficilmente il contrario dal momento che istituzioni afghane e forze di sicurezza sono sostanzialmente assenti da intere aree che, giocoforza, finiscono sotto il controllo dei gruppi di opposizione: i vuoti vengono riempiti immediatamente, in un gioco di equilibri e geometrie variabili.
Un caso-studio, argomento che vede attualmente impegnato l’Autore in attività di ricerca, è quello del distretto di Bala Murghab in cui è riportata la presenza e il funzionamento di un governo ombra taliban – o pseudo tale – fuori e dentro i limiti della cosiddetta «bolla di sicurezza» creata dalle forze straniere (tra le quali le unità italiane) e locali.
La politica dei taliban nell'area di Bala Murghab, pur adeguandosi alle necessità dettate dalle realtà locali, è in linea con l’atteggiamento pragmatico del movimento; il fine è quello di allargare la presenza sul territorio in contrapposizione alle forze di sicurezza, in modo tale da impedire a queste di concentrarsi in punti localizzati e limitati nell’estensione territoriale. I taliban considerano l’espansione geografica una priorità necessaria alla propria sopravvivenza poiché maggiore è l’area di operazioni, minore è la possibilità di essere intercettati e contrastati da un nemico a cui si vuole progressivamente ridurre la possibilità di movimento.
Al di là dell’attività delle forze di sicurezza straniere e afghane impegnate a contrapporsi a un nemico volatile e fluido su un campo di battaglia di difficile definizione, ciò che più preoccupa è la possibilità che i taliban riescano, ammesso che non lo abbiano già fatto, a penetrare all’interno delle comunità divenendo un modello proto-satale in grado di dare risposte immediate alle necessità delle popolazioni attraverso una corretta amministrazione a cui si affiancano violenza, intimidazione e propaganda.
Da questo punto di vista, la situazione di Bala Murghab è particolarmente deteriorata per quanto la mancanza di informazioni non consenta di fare un paragone proiettato indietro nel tempo: ciò che però conta è che presenza e ingerenza del potere ombra taliban siano manifesti nonostante l’allargamento della cosiddetta security bubble creata delle forze della Coalizione e Isaf.
Tra i tanti episodi in grado di definire la drammaticità della situazione, quello più recente è relativo alla punizione di una donna colpevole di essersi ribellata alla decisione paterna di essere data in sposa a un uomo anziano non gradito. Un caso, come tanti altri, in cui una donna è stata giudicata colpevole di disobbedienza al volere paterno – e di aver così disonorato la famiglia – da parte di una corte di giustizia taliban operante all’interno dell’area di Bala Murghab. Il fatto è avvenuto nella seconda metà di gennaio nel villaggio di Mangan, sobborgo esterno alla "bolla di sicurezza" e a circa venti chilometri a sud-ovest di Bala Murghab (lungo la linea di comunicazione "Lithium" e noto per l'attentato del 17 maggio contro gli italiani) che è stato oggetto di cruente battaglie ai più sconosciute; qui la punizione esemplare – frustata alla schiena – è stata somministrata pubblicamente alla condannata dietro l’ordine diretto del comandante taliban provinciale, un mujaheddin originario del Pakistan (verosimilmente dalle Fata) a capo del gruppo di taliban operativi nell'area di Mangan. Nonostante il fatto sia avvenuto in un luogo pubblico, al cospetto degli abitanti del villaggio, e abbia visto la partecipazione di numerosi taliban la polizia afghana non è intervenuta né, tantomeno, nessuno è stato arrestato o interrogato per il fatto. Le forze di sicurezza e il rappresentante locale del governo non hanno avuto percezione di quanto stesse accadendo o, più verosimilmente, non hanno avuto gli strumenti né l’interesse per poter reagire a un fatto che, grave nel suo complesso, mette in mostra l’estrema precarietà di una situazione che se dal punto di vista delle forze di sicurezza è di «stallo dinamico», sul fronte insurrezionale offre stimoli per proseguire una lotta proiettata avanti nel tempo e sostenuta da una significativa parte della società afghana, quella rurale.
Bala Murghab è un luogo come tanti altri in Afghanistan ma che richiama la nostra attenzione verso un concreta minaccia ogni giorno sempre più preoccupante.

20 febbraio 2011

mercoledì 16 febbraio 2011

Ricerca: L'insorgenza in Afghanistan.




Ministero della Difesa - Centro Militare di Studi Strategici







L'evoluzione dei gruppi di opposizione dopo nove anni di conflitto e la ricerca di interlocutori per la politica del dialogo.

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L’evoluzione dell’insurrezione in Afghanistan a nove anni dal crollo del regime dei taliban ha portato al cambio generazionale dei militanti, alla comparsa di altri insorgenti “afghani” e all’emergere di una manifesta competizione tra alcuni dei principali gruppi di opposizione/insurrezione/criminalità e il governo centrale che ha progressivamente portato verso una vera e propria guerra civile. Tutti elementi che hanno contribuito al rallentamento del processo di formazione dello Stato in Afghanistan e che al contempo hanno portato a uno stato di guerra cronico in cui si contrappongono spinte ideologiche e nazionalistiche a ragioni di natura economica e politica. I gruppi di opposizione sono riusciti a estendere la propria presenza e influenza su quasi tutto il territorio del Paese a svantaggio della Coalizione internazionale che ha a poco a poco lasciato il terreno al nemico.
Il rapporto della ricerca è frutto dell’analisi open source e dell’elaborazione dei dati raccolti sul campo a partire dal 2004 e costituenti un database costantemente aggiornato con gli elementi di informazione reperibili attraverso i differenti canali. Di fondamentale importanza sono stati i contributi offerti dalla stampa internazionale e il confronto con i report e le valutazioni degli organi istituzionali e le associazioni non governative impegnati nel processo di (ri)costruzione del’Afghanistan. È una ricerca “analitica” che si è alimentata da fonti complementari: da un lato l’esperienza di testimone oculare del ricercatore, parte direttamente coinvolta nel processo di ricostruzione dell’Afghanistan, dall’altro lato lo studio e l’analisi puntuale delle informazioni e dei dati primari e secondari comparati con analoghi studi condotti da enti di ricerca e analisti istituzionali.
La finalità di questa ricerca è quella di fornire un contributo conoscitivo sull’insurrezione in Afghanistan che prenda in considerazione le ragioni dell’espansione incontenibile di un fenomeno sociale sempre più forte e aggressivo. Quattro i punti sviluppati e presentati secondo il seguente ordine:
- Analisi del problema dell’opposizione armata in Afghanistan;
- Definizione di politiche e strategie dell’insurrezione;
- Analisi e definizione dei legami e i rapporti di competitività tra i gruppi di opposizione;
- Proposta di ipotesi di politiche sociali e di impiego delle risorse militari.

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