di Claudio Bertolotti
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Dopo il duplice attentato suicida che il 27 novembre ha portato alla morte di 12 poliziotti afghani all’interno del dipartimento di polizia nella provincia orientale di Paktyka, - anticipato dall’attacco del commando suicida che il giorno precedente ha colpito una Ngo a Jalalabad, capoluogo della provincia di Nangarhar – è la volta di un’altra azione che, per quanto non sia stata formalmente inserita nella lista degli attentati suicidi è comunque da considerarsi come evento della stessa tipologia. Il 29 novembre, un mujaheddin travestito da agente di polizia di frontiera ha aperto il fuoco contro un’unità statunitense deputata all’addestramento delle reclute afghane, provocando la morte di sei soldati prima di essere ucciso dal fuoco dei commilitoni. Un colpo duro alle forze occidentali impegnate nel difficile compito di formare e preparare alla guerra le forze di sicurezza afghane, la conditio sine qua non per il previsto passaggio di responsabilità al governo afghano nel 2015 annunciato pochi giorni fa a Lisbona. Un impegno necessario, quello preso dalla Nato, per la formazione di forze di sicurezza afghane che siano davvero in grado di garantire il controllo del territorio e di contrastare il potere dei gruppi di opposizione, taliban in testa. Una missione difficile a cui è stata chiamata a partecipare, ancora una volta, la Comunità internazionale e, dunque, anche l’Italia. Un impegno necessario.
30 novembre 2010
30 novembre 2010
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