E' di almeno sei morti e cinque
feriti il bilancio di un attacco compiuto all'esterno del quartier generale
della Nato a Kabul da un combattente-suicida adolescente. Lo hanno annunciato
le autorità afghane, che hanno chiarito che la maggior delle vittime sono
bambini venditori di strada ambulanti.
Perché i bambini vengono indotti
a commettere un atto tanto crudele? Cosa li spinge a morire, più o meno
consapevolmente, in nome di un generico e distorto precetto religioso?
Le ragioni sono quelle di coloro
che non si fanno scrupoli a utilizzare i bambini come strumento per portare
avanti un progetto politico attraverso una guerra che ha giustificazioni
religiose. Se la guerra è considerata “legittima” e combattuta con armi impari,
la parte debole tende a giustificare qualunque mezzo per ottenere la vittoria
sul campo di battaglia; cade così l’ultimo tabù, quello che vuole i bambini
esclusi dal ruolo di combattenti. I gruppi di opposizione possono attingere da
un bacino di reclutamento molto ampio, quello degli emarginati o di coloro che
sono al limite della disperazione. Sono i bambini orfani o separati dalla
propria famiglia, trascurati o allontanati dalla comunità, studenti mediocri
delle madrasa gestite dai taliban: soggetti facilmente influenzabili in
quanto deboli, alla ricerca di protezione da parte di adulti e di un sostegno
fisico e morale. Quello che ne segue è una forte pressione psicologica. Soli e
lontani dal proprio contesto familiare, questi bambini entrano a far parte dei
gruppi di opposizione per sfamare il bisogno di assistenza, protezione,
affetto. Anche il desiderio di vendetta per un parente ucciso, o un torto
subito, può agire da fattore scatenante per la scelta di adesione. A volte le
pressioni provengono dall’interno della famiglia stessa, spesso legate a
problemi di tipo economico: il desiderio di riscatto da una precaria situazione
sociale o economica della famiglia, «la cui disperazione sarebbe provocata da
una condizione di insoddisfazione» (individuale e collettiva) è il motivo che
spingerebbe il soggetto verso il sacrificio estremo. Da questo sacrificio la
famiglia può trarre vantaggio duraturo. Non si tratta però di un compenso
economico richiesto dalla famiglia a uno dei suoi membri, bensì di una
retribuzione voluta dall’aspirante suicida come estrema soluzione a una
situazione senz’altra via d’uscita. È la scelta, fortemente condizionata,
dell’individuo a favore del proprio nucleo familiare: una prova di altruismo.
I gruppi di opposizione armata
in Afghanistan riescono con successo a portare avanti la politica di
reclutamento anche enfatizzando ed amplificando l’idealismo dei bambini e la
loro percezione della religione inducendoli a ritenere l’attacco suicida, l’istishhadi, un dovere superiore, un privilegio.
Per quanto i taliban abbiano in
passato negato - e continuino a negare - il reclutamento di bambini tra i propri combattenti – lo stesso mullah Omar ha più volte chiesto ai vari “comandanti” di non arruolare
ragazzi che non abbiano ancora l’età che consenta loro di farsi crescere una
folta barba – i fatti recenti dimostrano però il contrario. La valutazione che
ne deriva suggerisce ancora una volta quanto sia ormai concreta la distanza tra
la teoria della leadership storica del movimento taliban e la pratica delle
nuove generazioni di combattenti.
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