Gli attacchi suicidi: successo o fallimento?
disponibile in edicola
di Claudio Bertolotti
Abstract
Dal 2001, il fenomeno degli attacchi suicidi in Afghanistan si è evoluto sui piani tecnico e militare imponendosi come minaccia in tutto il Paese. Esistono più tecniche classificabili come suicide - comprese le cosiddette green on blue (azioni condotte da soggetti appartenenti alle Afghan National Security Forces - ANSF); ai fini dello studio si è tenuto conto solo di quelle condotte con l’impiego di equipaggiamenti esplosivi IED (Improvised Explosive Devices).
L’argomento qui presentato è frutto di una ricerca analitica basata su fonti complementari: da un lato l’attività di studio sul campo durata circa due anni, dall’altro lato la raccolta e l’analisi delle informazioni open source e di quelle classificate rese disponibili attraverso l’Afghan War Diary (AWD) di Wikileaks.
L’approccio teorico adottato si basa sulla definizione di «attacco suicida» come azione offensiva, non-convenzionale e inserita in un contesto di guerra asimmetrica, che per propria natura prevede la morte consapevole del combattente-suicida e le cui conseguenze si ripercuotono a livello politico, strategico, operativo, tattico e psicologico.
Il combattente-suicida afghano - al di là di implicazioni ideologiche e culturali - quale contributo a livello strategico, operativo e tattico riesce a fornire? Sulla base dell’attività di ricerca, a seguito dell’analisi dei dati costituenti il database ASA (Afghanistan Suicide Attacks) creato dall’Autore relativo a 1.003 attacchi registrati dal 2001 al 2012, è stato possibile rispondere alla domanda portando un po’ di luce sull’evoluzione tecnica e sul ruolo dello “shahid” afghano.
L’argomento qui presentato è frutto di una ricerca analitica basata su fonti complementari: da un lato l’attività di studio sul campo durata circa due anni, dall’altro lato la raccolta e l’analisi delle informazioni open source e di quelle classificate rese disponibili attraverso l’Afghan War Diary (AWD) di Wikileaks.
L’approccio teorico adottato si basa sulla definizione di «attacco suicida» come azione offensiva, non-convenzionale e inserita in un contesto di guerra asimmetrica, che per propria natura prevede la morte consapevole del combattente-suicida e le cui conseguenze si ripercuotono a livello politico, strategico, operativo, tattico e psicologico.
Il combattente-suicida afghano - al di là di implicazioni ideologiche e culturali - quale contributo a livello strategico, operativo e tattico riesce a fornire? Sulla base dell’attività di ricerca, a seguito dell’analisi dei dati costituenti il database ASA (Afghanistan Suicide Attacks) creato dall’Autore relativo a 1.003 attacchi registrati dal 2001 al 2012, è stato possibile rispondere alla domanda portando un po’ di luce sull’evoluzione tecnica e sul ruolo dello “shahid” afghano.
THE RESULTS OF THE ASYMMETRIC THREAT IN AFGHANISTAN
Suicide attacks: failure or success?
Since 2001, the phenomenon of suicide attacks in Afghanistan has enhanced its technical and military plans, so becoming a threat throughout the country. There are many techniques that can be classified as suicide - including the so-called green on blue (actions carried out by individuals belonging to the Afghan National Security Forces - ANSF). For the purpose of this study, only those carried out with the use of Improvised Explosive Devices (IED) have been taken into account. The argument presented here is the result of an analytical research based on various sources: on the one hand, the activities of study on the field which lasted about two years and,on the other hand, the collection and analysis of both open source and classified information, which was made available through the Afghan War Diary (AWD), Wikileaks. The theoretical approach adopted is based on the definition of 'suicide attack' as an offensive and unconventional action placed in a context of asymmetric warfare, which by its nature involves the conscious death of the fighter and whose consequences have repercussions on the political, strategic, operational, tactical and psychological level. What contribution on the strategic, operational and tactical level is the Afghan suicide fighter - beyond ideological and cultural implications- able to
provide? On the basis of the research activity and of the analysis of the data which make up the Afghanistan Suicide Attacks database - created by the author and relevant to 1 003 attacks recorded from 2001 to 2012 - was it possible to find an answer to the question,shedding some light on the technical evolution and on the role of the Afghan “shahid”.
provide? On the basis of the research activity and of the analysis of the data which make up the Afghanistan Suicide Attacks database - created by the author and relevant to 1 003 attacks recorded from 2001 to 2012 - was it possible to find an answer to the question,shedding some light on the technical evolution and on the role of the Afghan “shahid”.
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