I termini insurgents e taliban spesso, complice il processo di semplificazione mediatica, vengono presentati come termini esatti per indicare uno stesso fenomeno sociale (e politico-militare ovviamente). Nella realtà dei fatti questo non è propriamente corretto.
Se da un lato potremmo giustificare come definizione politically correct il termine taliban per riferirci a uno specifico gruppo di opposizione (seppur in tutte le sue varianti, derive ideologiche e contrasti interni), e che definisce in maniera intrinseca un’organizzazione politica, militare, ideologica e armata di volontà rivoluzionaria, dall’altro non possiamo accettare il termine insurgents per riferirci a un fenomeno che, per quanto vasto, non è né definito, né esauriente.
Insurgents sono individui, soggetti rivoltosi, a cui però viene tolta in maniera apparentemente ingenua, ma nella realtà razionale, – possiamo dire così – qualunque valenza ideologica o politica, al fine di creare una categoria esterna, di cui poco si conosce, e che volutamente si lascia indefinita nel momento stesso in cui viene indicata all’opinione pubblica quale responsabile di una determinata azione violenta. Assistiamo così al passaggio, nella terminologia utilizzata dagli organi di sicurezza e dell’intelligence, da terrorists – utilizzato sino a tutto il 2005 – a quello di insurgents che, proprio a partire da quell’anno, ha cominciato a sostituirsi al primo. Una scelta ponderata, ma non priva di conseguenze sulle valutazioni e sulle analisi che necessariamente gli organi informativi devono fornire e che poi, quando opportuno e in maniera “diluita” e “scremata”, vengono trasmessi attraverso i mass media al pubblico generale.
Se taliban è, a parere di chi scrive, un termine troppo generico, insurgents è però inadeguato, almeno al fine di riconoscere un’ideologia, biasimabile fin che si vuole, ma che possa mostrare cosa vi è in realtà dietro a movimenti (di resistenza, o terroristico che sia) che combattono una guerra asimmetrica su un campo di battaglia che non è più quello convenzionale. Detto in altri termini, il termine insurgents indica tutto ciò che si oppone con la violenza alle truppe di Nato-Isaf, della Coalizione e delle forze di sicurezza afghane, omologando, in un tutt’uno, i differenti gruppi di opposizione ed etichettandoli con la medesima definizione, tralasciando differenze di carattere culturale, ideologico e geografico. È un termine che svilisce appunto la natura ideologica dei gruppi di combattenti, li uniforma, li priva di un’identità politica e operativa.
È una leggerezza o si tratta di una scelta razionale dettata da ragioni di carattere propagandistico? Raramente si legge sul giornale del Hezb-e-Islami di Gulbuddin Hekmatyar, dei combattenti stranieri, di Sirajuddin Haqqani e di tutti gli altri gruppi di opposizione che combattono in Afghanistan contro la presenza straniera e le forze governative di Kabul. Il termine taliban ha ormai sostituito le vere e molteplici identità dei gruppi combattenti; la categoria insurgents ha invece annullato tali identità.
Claudio Bertolotti
Gentile dott. Bertolotti,
RispondiEliminaalla luce di quanto riportato, volevo chiederle se ritiene che rinunciare a definire i gruppi di opposizione come terroristi (che, per quanto corretta, rappresenta pur sempre la definizione adottata da “questa parte del mondo occidentale” che si sente minacciata) e/o insurgents, riconoscendo loro piuttosto la dimensione di “resistenti”, possa avere una qualche valenza in questa nuova politica del compromesso basata sul dialogo.
grazie
Barbara
Cara Barbara,
RispondiEliminahai pefettamente ragione. Il termine insorgenti ha sostituito quello di terroristi ormai da alcuni anni. Cosa vuol dire questo? Che qualcosa sta cambiando, certamente, e che si è disposti a "parlare", discutere. Ma sarebbe politicamente improponibile sedersi al tavolo delle trattative con dei "terroristi", molto più facile (di fronte all'opinione pubblica)è farlo con i "resistenti"... e il termine insorgenti sta proprio a metà... insieme a "moderati". Grazie per la stimolante domanda.