Afghanistan Sguardi e Analisi

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Afghanistan: Sguardi e analisi" è un progetto aperto finalizzato a comprendere e discutere le ragioni - e le possibili soluzioni - dei conflitti afghani.

lunedì 24 giugno 2013

Afghanistan. Negoziati in stallo, ma l'Occidente prepara il suo scacchiere

di Claudio Bertolotti
L'hanno chiamato Emirato islamico dell’Afghanistan. E' l'ufficio politico che i taliban hanno aperto martedì scorso a Doha in Qatar, alla presenza dei funzionari del ministero degli Affari esteri afghano.
Lo scopo di questa nuova sede sarebbe dovuto essere il dialogo e il confronto tra i rappresentanti dei talebani, del governo afghano, delle Nazioni Unite, degli organismi internazionali e regionali, e delle istituzioni non governative.
Gli stessi taliban, in un comunicato ufficiale diffuso attraverso il loro sito Web Al-Emarah (L'Emirato) per ringraziare il governo del Qatar e il suo emiro, lo Sceicco Hamad bin Khalifa Al Thani, avevano dichiarato di essere disponibili a qualunque soluzione che potesse portare alla fine dell’occupazione militare straniera e all’instaurazione di un governo islamico indipendente.
L’apertura dell’ufficio avrebbe dovuto inoltre consentire ai taliban di mantenere aperti i canali comunicativi e mediatici utili alla trasmissione delle 'dichiarazioni dell’Emirato' sulla situazione politica in corso. Se l'amministrazione statunitense ha salutato l’evento come un "primo passo positivo", meno favorevole è stata la reazione del governo di Kabul che, come reazione alle dichiarazioni di Washington e a causa dell’esclusione dagli incontri preliminari, ha deciso di sospendere la quarta fase dei colloqui con gli Usa in merito all'Accordo bilaterale sulla sicurezza, che dovrebbe autorizzare formalmente la presenza militare statunitense in Afghanistan anche dopo il 2014.
"Esiste una contraddizione tra ciò che l'amministrazione americana afferma e quanto invece fa a proposito dei colloqui di pace in Afghanistan – ha annunciato Aimal Faizi, portavoce del presidente Hamid Karzai – Dichiarazioni e azioni non sono coerenti tra loro".
Il presidente Karzai, nel ribadire la necessità di colloqui negoziali 'dentro' l'Afghanistan e non all’estero, ha inoltre contestato la formula diplomatica utilizzata, che avrebbe eccessivamente legittimato il cosiddetto Emirato islamico dei taliban.

Afghanistan post-2014: trattative a rilento
Parallelamente al tentativo di dialogo tra le parti in causa, e nel rispetto degli accordi (seppure temporaneamente sospesi) con il governo afghano, gli Stati Uniti si preparano a guidare la prossima missione della Nato in Afghanistan. L'impegno è improntato sull’addestramento delle forze di sicurezza locali e sul sostegno al governo di Kabul.
Tale missione, ribattezzata "Resolute Support", avrà inizio il 1° gennaio 2015, esattamente il giorno successivo alla chiusura della missione Isaf.
I governi di Germania e Italia, per primi, hanno garantito la propria partecipazione e lo schieramento di contingenti militari, mentre la Turchia starebbe valutando la possibilità di essere la nazione guida a Kabul, l’attuale Regional Command Capital di Isaf. Mentre per il momento non è pervenuto alcun impegno ufficiale da parte del governo britannico, che attualmente schiera nel teatro afghano il secondo più grande contingente alleato.
Da parte sua, il Segretario generale della Nato, Anders Fog Rasmussen, ha rivelato che sono in atto delle trattative con il governo di Kabul per raggiungere un accordo sullo status giuridico (SOFA) delle forze statunitensi e della Nato che rimarranno nel paese dopo il 2014.
L'accordo bilaterale tra gli Stati Uniti e l'Afghanistan sarà infatti seguito da quello tra il governo afghano e la Nato e, nonostante alcune resistenze di carattere politico, è probabile che tale accordo si chiuda in tempi brevi poiché (come noto allo stesso governo afghano) senza verrebbe a mancare il necessario contributo di truppe di sicurezza e per l’addestramento delle sue forze.
I tentativi negoziali orientati a garantire una presenza statunitense a lungo termine, vanno però a rilento. Per questo il generale Dunford (attuale comandante di Isaf) ha annunciato che potrebbe essere necessario dover attendere la “sospensione stagionale” dei combattimenti (autunno/inverno 2013) prima di definire i numeri del prossimo impegno militare. Inoltre, non è stato fatto cenno alla missione di anti-terrorismo, che l’amministrazione Obama ha più volte manifestato di voler proseguire attraverso operazioni mirate mediante special force e droni.

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