Afghanistan Sguardi e Analisi

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Afghanistan: Sguardi e analisi" è un progetto aperto finalizzato a comprendere e discutere le ragioni - e le possibili soluzioni - dei conflitti afghani.

giovedì 6 dicembre 2012

Afghanistan. Da Herat prove tecniche di guerra civile?

 
di Claudio Bertolotti
 
Con l’avvicinarsi della transizione e al conseguente disimpegno militare della Nato, aumentano le spinte dirette e indirette volte a portare l’Afghanistan verso un processo di progressiva destabilizzazione interna.
Ismail Khan, ricco e potente ex-mujaheddin e “warlord”, attualmente ministro del governo afghano, ha manifestato preoccupazione e mancanza di fiducia nei confronti dello stesso governo di cui fa parte e delle forze di sicurezza nazionali (Ansf) chiamando a raccolta i suoi seguaci, alleati e compagni di Herat al fine di creare una milizia di difesa anti-taliban. 
Una situazione paradossale e preoccupante al tempo stesso, che mette in luce l’umore serpeggiante all’interno delle stesse istituzioni afghane. 
Le reazioni non sono mancate, così come le critiche e i riferimenti a una potenziale escalation della violenza all’indomani del disimpegno delle forze della Nato.
L'iniziativa di riorganizzare le milizie armate non rappresenta di certo una novità nel panorama afghano.
Le forze di polizia locale, (circa 13-20.000 uomini) volute e sostenute dagli Stati Uniti, rappresentano un esempio di non-successo nel complesso dei piani e delle attività avviate per garantire il controllo del territorio e contenere il fenomeno insurrezionale, un fallimento che ha contribuito al rafforzamento e alla legittimazione di molti warlord.
La più grande preoccupazione è che queste milizie possano concorrere alla destabilizzazione locale, ma ancor più ad acutizzare le già profonde linee di demarcazione tribali, etniche e di fazione presenti all’interno delle Ansf e che potrebbero accentuarsi all’indomani del disimpegno della Nato.
In tale contesto, il timore non sarebbe quello di un’escalation di violenza da parte dei taliban, bensì la frammentazione delle Ansf e le ripercussioni sull’ipotesi di guerra civile.
Ciò che va attentamente preso in considerazione sono le potenziali ripercussioni sul piano politico e sociale, in particolare sull’opinione pubblica afghana.
Se da un lato non è possibile escludere la riaccensione di contrasti di natura politica e, principalmente, etnica (per semplificazione “pashtun” versus “non pashtun”) dalle conseguenze tutt’altro che contenibili, dall’altro è bene considerare gli effetti amplificati che tali prese di posizione avrebbero sulle conflittualità latenti a cui si uniranno il generale e diffuso disagio e l’alto tasso di disoccupazione.
In questa situazione gli attori regionali, in una sorta di gioco degli equilibri instabili, tenteranno con buona probabilità di sostenere i gruppi di potere affini in una forma di competizione parallela.
È dunque prevedibile che il disimpegno della Nato potrà essere accompagnato da una sensibile intensificazione del conflitto che porterebbe all’indesiderato, quanto difficilmente reversibile sul breve-medio termine, effetto di guerra civile su più livelli alimentato da competizione e scontro tra fazioni afghane e relativi supporter esterni.
Il rischio potenziale di una nuova fase di guerra civile afghana, sostenuta dall’amplificazione degli scontri locali coinvolti e proiettati in un più ampio e pericoloso conflitto transnazionale e regionale, non è dunque da escludere.

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